Cerca
Close this search box.

Il diritto allo sport ha bisogno di politiche pubbliche

di Mauro Berruto

Lo sport non è un mondo ideale, ma reale. Perché in un mondo ideale lo sport dovrebbe essere uno dei pochi ambiti di azione trasversale, unitaria. Si dovrebbe poter lavorare a politiche per lo sport, in virtù del suo essere linguaggio universale, potente strumento di inclusione e agenzia educativa di fondamentale importanza nel processo di costruzione di una comunità. In questo nostro mondo reale, invece, lo sport è oggetto della stessa inconsistenza, della stessa evanescenza, della stessa mancanza di una visione sacrificata sull’altare delle lobby, del famigliarismo, del conflitto di interessi che questa maggioranza di destra manifesta in tutti i suoi ambiti di governo. C’è stata una sola splendida giornata per lo sport in questa Legislatura: il 20 settembre 2023, quella in cui è stato completato l’iter di modifica dell’Art. 33 della Costituzione con l’introduzione del comma: “La Repubblica riconosce il valore sociale, educativo, di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. Un voto unitario su un provvedimento, ricordiamolo, nato nella precedente legislatura sotto il decisivo impulso del Partito Democratico (e sia chiaro che chi dice il contrario sa di essere in malafede). Ho chiuso la dichiarazione di voto del Pd, quel giorno, dicendo: “Oggi è nato il diritto allo sport”. Già, ma ogni diritto ha bisogno di politiche pubbliche per essere messo a disposizione di tutte e di tutti i nostri cittadini. E invece dopo quel provvedimento, vampirizzato come costume di questa maggioranza, il niente assoluto. Anzi, peggio: un Ministro che si esprime solo per dichiarazioni e agenzie di stampa e non solo non fa succedere niente di concreto, ma semina ostacoli e difficoltà. Esempi? Forse non ho sufficiente spazio, ma ne snocciolo alcuni: una riforma sul lavoro sportivo con una serie di ritardi, problemi irrisolti e malfunzionamenti che stanno mettendo in ginocchio soprattutto le piccole società sportive. Giochi della Gioventù? Chissà dove sono finiti. Pista da bob a Cortina? Sì, no, forse, in attesa di quello che potrebbe essere il capolavoro dei disastri: una pista “light”, ovvero un’opera pubblica che -se il Cio confermerà le sue indicazioni- non potrà neppure ospitare quei Giochi Olimpici per cui nascerebbe, figurarsi il dopo. E ancora: “spalma-debiti” fiscali per le società di calcio, grazie al lavoro incessante del Sen. Claudio Lotito, centravanti di sfondamento della destra di governo che -ricordiamolo- dovrà anche pagare l’affitto dello Stadio Olimpico, dove gioca la squadra di calcio di cui è presidente, a suo genero Marco Mezzaroma, nominato nel frattempo presidente di “Sport & Salute”, cassaforte dello sport italiana e che, fra l’altro, gestisce gli impianti del Foro Italico. Ma nel Cda di “Sport & salute” siede anche, con il benestare del Ministro, tal Fabio Caiazzo che in curriculum ha una radiazione da un ente di promozione sportiva. Ci si domanda ancora perché, anzi siamo in attesa di risposte a interrogazioni sul tema da mesi. Così mentre il Ministro naviga fra l’ennesima dichiarazione e l’ennesima agenzia, prepara il tentativo di ripristino del decreto crescita (ancora uno sgravio fiscale per le società di calcio) e il finanziamento delle stesse società di calcio attraverso i proventi del betting e delle società di scommesse sportive. Pensate: dopo 87 giorni di assenza in commissione, proprio pochi giorni fa, lo stesso Ministro ha dato parere contrario a una proposta di legge, a prima firma del Partito Democratico, che avrebbe destinato 80 milioni di euro all’anno, derivanti proprio da una extra-tassazione sugli utili delle società di scommesse sportive, in maniera esclusiva alla promozione dello sport di base, agli stili di vita e alla cultura del movimento per la terza età, allo sport paralimpico, ai progetti nelle scuole e, guarda un po’, alla lotta alla ludopatia. Una proposta di legge che dopo un lungo lavoro in commissione aveva la firma di tutti i gruppi politici. Ma non il parere favorevole del Ministro che, evidentemente, ha altri piani. Quali? Chissà, forse li leggeremo nella prossima agenzia. Nel frattempo restiamo qui a incalzare e sottolineare ciascuna delle tante aberrazioni che stiamo vedendo succedere. Pensavamo che un Ministro, sulla carta, “tecnico” potesse essere un modo per far succedere qualcosa di positivo. Avevamo avuto dei segnali dopo le sue grottesche dichiarazioni sul coming out di Jakub Jankto, primo calciatore di serie A a dichiarare la sua omosessualità. “Non amo le ostentazioni” disse il Ministro, facendo sanguinare le orecchie anche a chi gli dava più credito. Da lì in poi è stato un precipitare nel vuoto. E siamo ancora in picchiata.