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LO STATO CI GUADAGNA QUANDO IL GIOCO SI TRASFORMA IN LUDOPATIA?

di Domenico Ravetti, consigliere regionale PD Piemonte

La battaglia a difesa della legge regionale 9/2016 ‘Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico’ è stata una delle più dure nell’ultima Legislatura piemontese. Volevamo conservare una norma, quella del 2016, che aveva prodotto effetti molto positivi per i cittadini, come confermano tutti gli indicatori raccolti nei report diffusi dall’entrata in vigore. Tuttavia, il centrodestra ha sostituito la norma senza alcuna mediazione e con una posizione completamente appiattita sugli interessi pur legittimi del settore economico in questione. È emersa una differenza sostanziale: da una parte chi crede che il profitto venga prima di ogni altra cosa e dall’altra chi, come il PD, ha cercato di trovare i giusti equilibri tra economia e tutela della salute dei cittadini.

Ma cosa contiene la nuova legge della Regione Piemonte di contrasto del gioco patologico (n.19 del 2021)? L’apposita sezione sul sito internet di “Avviso Pubblico” pubblica una perfetta sintesi che mi è stata utile per queste riflessioni. Lì troverete ulteriori approfondimenti. La Regione Piemonte ha approvato nel 2021 una nuova legge per il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (L.R. 19/2021 e successive modifiche), che appunto abroga la precedente (L.R. 9/2016). Il nuovo testo contiene indirizzi sulla formazione degli esercenti e dei loro dipendenti; istituisce presso l’Osservatorio epidemiologico delle dipendenze patologiche la sezione tematica sul GAP; predispone iniziative didattiche volte a sensibilizzare e informare le nuove generazioni su una positiva cultura del gioco e sui rischi derivanti dall’abuso del gioco d’azzardo; prevede il rilascio di un logo “no slot” agli esercenti che decidono di non installare o disinstallare gli apparecchi per il gioco, istituisce la giornata “Slot, no grazie!” dedicata alla sensibilizzazione sul tema del gioco; in collaborazione con gli istituti scolastici e le università; vieta gli spazi pubblicitari relativi al gioco lecito sui mezzi di trasporto pubblico locale e regionale e qualsiasi forma di pubblicità relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco e sale scommesse; vieta l’esposizione, all’esterno dei locali che offrono giochi con vincite in denaro, di cartelli, manoscritti o proiezioni video che pubblicizzano la possibilità di vincita o vincite appena accadute o risalenti nel tempo.

E fin qui tutto bene. Cosa non va per nulla bene?

Non siamo stati per nulla persuasi dalle modifiche sulle nuove aperture e sul “distanziometro”. È prevista una riduzione della distanza minima di 300 metri (per i Comuni fino a 5.000 abitanti) o di 400 metri (per i Comuni sopra i 5.000 abitanti), per la nuova apertura di esercizi commerciali, rispetto a una serie di luoghi sensibili: istituti scolastici secondari di secondo grado e sedi delle agenzie formative accreditate per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, università, istituti di credito, sportelli ATM e servizi di trasferimento denaro, esercizi di compravendita di oggetti preziosi ed oro usati e altre attività creditizie, ospedali e strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette.

Peggio ancora, come detto in precedenza, la parte relativa all’efficacia delle norme.

Infatti, tutte le disposizioni di cui sopra non si applicano agli esercizi già esistenti: la legge regionale del 2016, abrogata, aveva efficacia anche sulle licenze in essere, mentre la legge del 2021 prevede invece limitazioni per le nuove aperture, ma consente ai titolari degli esercizi pubblici e commerciali, presso cui alla data del 19 maggio 2016 erano collocati apparecchi per il gioco dismessi per quanto disposto dalla legge 9/2016, di rivolgere istanza al soggetto competente (entro il 31 dicembre 2021) e reinstallarli senza che ciò possa essere equiparato a nuova installazione.

Parliamo di ludopatia in Italia: i dati. Gli studi dell’Osservatorio Nazionale e di Nomisma rilevano che, nel 2021, l’accesso al gioco d’azzardo è in forte crescita soprattutto tra i giovani e gli over 65. Le statistiche riportano che le scommesse sono aumentate del 21%, e che la fascia di età che gioca con maggior frequenza sono gli adulti, circa il 60% dei partecipanti allo studio. Il totale delle scommesse è sempre più alto, con un volume complessivo di gioco che, nel 2020, ammontava a 88,38 miliardi di euro, con vincite per 75,36 miliardi di euro e perdite di 13,02 miliardi.

C’è un paradosso e va raccontato. Da diverse fonti giornalistiche è possibile ricavare l’enorme mole di entrate per le “casse dello Stato” derivanti dalle scommesse in genere. Ne cito una di inizio 2023. “Dopo il covid i giochi tornano a correre e sul contatore dell’Erario fanno registrare nuove entrate per 10,3 miliardi. Ci si avvicina così ai livelli pre-pandemia: secondo i dati dell’industria del gaming, elaborati dall’agenzia specializzata Agipronews, nel 2022 lo Stato ha riscosso infatti circa 10,3 miliardi di euro, un dato inferiore (-9%) rispetto a quello del 2019 – quando l’Erario incassò 11,3 miliardi – ma nettamente superiore al 2021 (+22%), anno in cui l’onda lunga del Covid aveva fatto ancora sentire i suoi effetti su sale giochi e agenzie di scommesse, chiuse per circa 6 mesi.”

Sarà forse questa la ragione per cui nel 2016 importanti esponenti del Governo nazionale, peraltro del centrosinistra, avevano manifestato pubblicamente la loro contrarietà al nostro provvedimento?

Qui non si tratta di assumere posizioni proibizioniste e radicalmente in opposizione ad ogni forma di gioco. Si tratta di comprendere il dramma sanitario e sociale derivante dal gioco d’azzardo quando si trasforma in patologia. Sarebbe fondamentale rendere i cittadini più consapevoli dell’uso delle slot (o di qualsiasi altro strumento che porta alla ludopatia) e, le stesse slot, possibilmente meno accessibili.