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Disturbi dell’alimentazione: cosa può fare la politica?

di Chiara Croce

Cosa sono i disturbi del comportamento alimentare? Come prevenirli e come la politica può aiutare a contrastare questa epidemia silenziosa? Ce lo siamo chiesti come Giovani Democratici delle Marche, me lo sono chiesta come Segretaria, ma soprattutto me lo sono chiesta come ragazza che ne ha sofferto lungamente.

I disturbi del comportamento sono una patologia complessa, nel senso che non sono un problema che attiene solo al benessere fisico, ma la maggior parte delle volte sono lo specchio di un malessere psicologico. Questo ormai è di dominio comune, ma non lo è il fatto che proprio per la loro complessità non vanno trattati solo da un lato, ma per la loro cura necessitano di specialisti, ancor meglio di equipe di specialisti che sappiano aiutare il paziente su più fronti.

La prima cosa che chi soffre di disturbi alimentari deve acquisire è la consapevolezza di ciò che prova e di ciò che fa.

La società in cui viviamo non aiuta a combattere questa battaglia. Gli adolescenti oggi vivono con il mito della perfezione e dell’apparire tramite gli schermi.

Questa società e la politica non aiutano nella seconda importante mossa da fare: superare lo stigma.

Chi soffre di dca spesso si culla nel sintomo, nascondendosi in esso, e prolungando così i tempi di cura. Categorizzare come “speciale” un malato di dca non fa che accentuare il suo distaccamento con la realtà ed il suo bisogno di rifugiarsi in quello stesso disturbo. Creare una sottocultura di individui che si riconoscono in quel disturbo, fa si che molti inizino a identificarsi con il sintomo, restando imprigionati in esso.
Altrettanto è nocivo l’atteggiamento giudicante e di attacco: “se sei magr*/grass* è colpa tua”.

Per questo è molto importante un’azione di sensibilizzazione che normalizzi i dca e li tratti per quello che sono e per questo sono gravi le parole della Premier Meloni che definisce “devianze” i dca.

Tale azione di sensibilizzazione però non può procedere senza un impegno anche politico, in prima facie nel riconoscere il disturbo e curarlo adeguatamente, in secondo luogo nel fare prevenzione garantendo il libero accesso alle cure psicologiche, richiesta che una parte politica fa a gran voce da tempo ma che si è sempre e solo risolta in insufficienti bonus.

Infatti il problema dei disturbi alimentari è instrinsecamente legato a quello del benessere mentale.

Non basta predisporre i fondi o chiedere l’introduzione degli stessi nei LEA, se non si fa un serio investimento in termini di welfare e servizi. Infatti nella Regione Marche esistono solo 3 ambulatori autorizzati a diagnosticare i disturbi del comportamento alimentare per far si che poi il paziente acceda alle cure previste dal SSN. Questo vuol dire che se una ragazza soffre di bulimia, prima deve rivolgersi al proprio medico, che se è illuminato riconosce immediatamente il problema, ma questo non è scontato, poi deve attendere il proprio turno nelle lunghe liste d’attesa dei tre ambulatori appena citati ed infine forse può essere presa in carico dal servizio sanitario. Una lungaggine che inutile dire porta a una situazione di aggravamento del dca, oltre che a far percepire al paziente un vero e proprio senso di abbandono.

Al contrario la destra al governo invece di comprendere realmente il problema va in tutt’altra direzione: il governo dimezza i fondi, e pensa di risolve il tutto secondo i metodi che è abituata ad utilizzare: la penalizzazione delle condotte. Ecco che spunta il carcere per «istigazione al ricorso di condotte alimentari idonee a provocare o rafforzare i disturbi del comportamento alimentare». E se fosse la società tutta la reale istigatrice saremmo tutti in manette?

Per adottare in maniera responsabile soluzioni concrete ed adeguate, come Giovani Democratici delle Marche non abbiamo avanzato proposte penali, ma abbiamo iniziato a studiare il tema con un primo incontro, un dibattito aperto insieme ad uno psicoterapeuta e dietologo, in cui un pubblico protagonista si è confrontato a lungo su alimentazione, cibo, benessere psicologico e canoni sociali. Non ci fermeremo qui e continueremo a lavorare affinché la salute mentale sia considerata come essenziale.