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Le donne al lavoro: una risorsa che vale molto di più di uno sconto in busta paga

di Roberta Roncone, sindacalista FIM CISL Lombardia

Mentre il Governo vara il “bonus mamme” (mamme di almeno due figli, si intende), il World Economic Forum (WEF) – con il suo rapporto sulla parità di genere dell’anno appena concluso (2023) – sancisce che, al ritmo attuale di progresso, per raggiungere la piena parità dovremmo attendere l’anno 2154.

In questa classifica globale, che comprende 146 paesi, l’Italia si posiziona solo 79esima.

Secondo le recenti stime dell’organizzazione internazionale del Lavoro, le donne sono intrappolate in lavori poco qualificati e retribuite in maniera inferiore rispetto agli uomini (a parità di orario e mansione, le donne europee guadagnano circa il 16% in meno degli uomini, dato che si aggrava nel nostro Paese). Il Fondo monetario internazionale ha stimato che il gender pay gap ci costa l’11% del PIL ogni anno.

Mentre l’accesso delle donne all’istruzione superiore è aumentato, ciò non si traduce in un pari aumento dell’occupazione femminile nei posti di lavoro di maggior responsabilità. Anzi, molto spesso si assiste al fenomeno denominato “fuga dal talento femminile“, secondo il quale tante donne, nonostante capacità e competenze, trovano ostacoli nella progressione professionale o, addirittura, si trovano costrette ad abbandonare il lavoro per mancanza di opportunità di avanzamento e difficoltà nel bilanciare lavoro e responsabilità familiari.

Secondo una ricerca condotta dalla FIM CISL Lombardia su un campione di 1700 persone che lavorano nel settore metalmeccanico lombardo, 7 donne su 10 affermano di dover impegnarsi e dimostrare più dei colleghi maschi, 6 su 10 di guadagnare meno dei colleghi a parità di compiti e responsabilità, di essere prevalentemente concentrate in alcuni ruoli aziendali e di faticare a trovare spazi negli altri. Non bisogna sottovalutare anche i casi ancora troppo numerosi (43,9%) di donne che hanno avuto figli e che hanno sperimentato difficoltà, spostamenti e cambi di mansione al rientro in azienda dalla maternità. Un donna su 10 ha subito anche molestie sessuali sul lavoro.

Questi dati gridano la necessità di affrontare la questione di genere nei luoghi di lavoro non in termini di “sconti” previdenziali, ma di iniziative ben più strutturate e pervasive nel contesto socio-culturale e politico del nostro Paese frutto di un approccio sistemico e collaborativo tra istituzioni, organizzazioni e individui, tra politica, sindacati e aziende, con l’obiettivo di creare un ambiente in cui le donne possano raggiungere il loro pieno potenziale senza ostacoli basati sul genere e di generare cambiamenti culturali e organizzativi pervasivi della società.

Partiamo dall’istruzione e dal suo collegamento con il mondo del lavoro: i programmi educativi e le sinergie tra i diversi soggetti sopra citati devono incoraggiare ragazze e donne a perseguire anche carriere in settori STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) contribuendo a superare stereotipi di genere ancora esistenti nelle scelte professionali.

Nelle aziende diviene essenziale promuovere politiche che favoriscano l’uguaglianza salariale, migliorino le condizioni di lavoro e promuovano una cultura aziendale che supporti la diversità di genere: maggiore trasparenza nelle politiche salariali, revisione regolare delle pratiche di assunzione, implementazione di orari di lavoro flessibili e iniziative di lavoro da remoto, cura e sostegno anche formativo al rientro dalle maternità, certificazione di genere, promozione di uno stile di leadership più inclusivo sono alcune delle piste di lavoro concrete da seguire.

A ciò si intrecciano le misure politiche necessarie per rafforzare in modo molto più significativo le politiche di congedo parentale e i servizi di assistenza all’infanzia che ancora oggi sono insufficienti nella quantità e nella qualità del servizio offerto, in termini di durata e di flessibilità di gestione oraria ad esempio.

La violenza di genere costituisce un altro aspetto critico del gender gap in Italia. Le donne sul lavoro subiscono ancora troppe discriminazioni, frasi sessiste, violenze fisiche o verbali, e la paura di tali minacce può influenzare le loro scelte di vita e di carriera. La necessità di sensibilizzare la società su questo tema, di fare diventare l’argomento uno dei fili conduttori anche delle politiche di sostenibilità ESG delle aziende (e dei luoghi di lavoro in generale) è cruciale per creare ambienti in cui le donne si sentano sicure e libere di perseguire le proprie ambizioni.

Affrontare il gender gap richiede, quindi, un approccio olistico che coinvolga cambiamenti culturali, legislazione adeguata e politiche aziendali inclusive. La diversità di prospettive è una risorsa preziosa che va coltivata per promuovere l’uguaglianza di genere in ogni aspetto della società e del lavoro e che vale molto di più di uno sconto in busta paga.