di Ernesto Menicucci su il Messaggero di oggi, per gentile concessione
Nicola Zingaretti, neodeputato europeo Pd, che cosa hanno detto queste elezioni?
«Che il Pd ha fatto bene ad essere la forza politica dei contenuti chiari e il pilastro di una proposta di alternativa. Dopo quasi due anni di governo Meloni è questo il segnale: da una parte insistere su sanità pubblica, scuola pubblica, diritti, dignità del lavoro. Dall’altra confermarsi come la forza di opposizione più unitaria. Si è visto come, chi è divisivo, viene poi punito dagli elettori».
Si riferisce al flop del Movimento Cinque Stelle?
«In generale. C’è molta indignazione politica, ma non servono gli schemini bensì l’offerta di un’alternativa che sia credibile agli occhi degli elettori».
Non è che vi ha aiutato proprio la premier, radicalizzando lo scontro con la sinistra e inserendo nel confronto una logica legata al bipolarismo più classico che ha finito per avvantaggiare anche il primo partito di opposizione?
«Ma qual era il primo partito? Io ricordo che, subito dopo la nostra sconfitta alle Politiche del 2022, il dibattito era un altro. Sembrava la fine del Pd, schiacciato in mezzo tra M5S da una parte e i centristi dell’altra, di un Pd che stava seguendo la china dei socialisti francesi, condannato all’irrilevanza. In mezzo c’è stato un congresso e una linea fissata da Elly Schlein con certe caratteristiche chiare: diritti, piano industriale, transizione ecologica e sociale. Questo ci ha premiato».
A questo punto sarà proprio Schlein la federatrice del centrosinistra?
«Ora sicuramente bisogna stringere i nodi sulla costruzione di una vera piattaforma politica, non di alchimie partitiche. I temi? Quelli che ci hanno portato fin qui: il salario minimo, l’essere vicino ai ragazzi che manifestano con le tende per il diritto allo studio. E poi la vocazione unitaria: il tempo dei veti incrociati è finito. Riannodiamo i fili con il Paese, cominciando dalle raccolte firme per le leggi di iniziativa popolare».
Si aspettava questo risultato di Avs?
«Sì perché Meloni ha polarizzato lo scontro e se ne è avvantaggiata la sinistra della battagliapolitica, anziché di quella antipolitica portata avanti da M5S».
Voi cantate vittoria, eppure – in termini di percentuali – anche le forze di governo si sono rafforzate. E il segno che l’Italia sta ancora con Meloni?
«Ma la destra ha un’alleanza che non solo governa ma che esiste come alleanza nel Paese da 30 anni. Noi invece la stiamo ancora costruendo, per questo il nostro risultato è straordinario. Aggiungo che si conferma il mancato sfondamento sociale del centrodestra, ed è ora che tutti capiscano che è arrivato il momento di costruire l’alternativa.
Lei è già stato parlamentare europeo, cosa si aspetta dalla “nuova” Ue?
«Che dia vita a grandi riforme, che sia più umana e che sia più protagonista su diversi temi. Lo diceva Romano Prodi: l’Europa è come una bicicletta, indispensabile per andare lontano ma se si ferma cade».
Tradotto in pratica?
«L’Europa deve avere il coraggio di fare un salto in avanti. Aumentare i fondi per il Bilancio, promuovere politiche comuni di sviluppo sociale, sugli esteri, sulla sicurezza. Eliminare il diritto di veto. Un’Europa più federale e più unita, ma non fine a sè stessa. Il modello dovrebbe essere quello del Next Generation Eu, che ha mosso grandi investimenti».
Sicurezza comune significa più fondi per gli armamenti?
«In realtà, se ci si organizzasse a livello europeo, le spese potrebbero persino diminuire…».
Nel Pd, dopo anni a trazione romana, lei è l’unico eurodeputato della Capitale. Una responsabilità in più?
«Umanamente mi ha commosso l’enormità del consenso ricevuto, un risultato straordinario su Roma e sul Lazio, ottenuto stavolta senza avere dietro nessun tipo di strumento, ma solo grazie alla fiducia nei miei confronti. Per me è stato un onore difendere Roma, la mia gente, la mia terra e questo mi carica di una responsabilità maggiore: rappresentare la Capitale, dove vennero firmati nel ’57 i Trattati europei. Essendo l’unico eletto del Pd, spero di essere degno del compito…».
Pensa di fare fronte comune con gli altri eurodeputati romani degli altri partiti?
«Mi auguro di sì, nell’interesse di Roma bisogna fare fronte comune».