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Fine vita. Bene l’Emilia Romagna. Il governo vuole lo scontro ideologico sulle scelte di vita dei cittadini

di Stefania Gasparini

“Vuoti di disciplina che mettono in pericolo diritti fondamentali’”. Così si esprimeva la Corte Costituzionale nel 2019.

In attesa di una auspicata legge nazionale l’Alta Corte stabilì anche che la valutazione della sussistenza dei criteri necessari e le modalità di applicazione debbano essere affidate a strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale, sentito il parere del Comitato Etico territorialmente competente. È così ha fatto la regione Emilia Romagna nel 2024 che si è mossa nell’ambito delle proprie competenze in materia di organizzazione dei servizi sanitari, per dare attuazione e rendere effettivo un diritto che nel nostro ordinamento già esiste essendo riconosciuto dalla Corte Costituzionale.

Infatti dal 2019 al 2024, il parlamento non ha ancora legiferato nel senso auspicato dalla Corte a scapito dei diritti fondamentali riconosciuti ai cittadini sul cosiddetto “fine vita”.

È evidente che il ricorso del Governo al TAR contro la delibera regionale è frutto di uno scontro ideologico, politico e istituzionale fatto sulla pelle dei cittadini. In particolar modo quelli più fragili e vulnerabili.

È evidente che il tema della disciplina del fine vita pone questioni etiche e riflessioni profonde ma un dibattito politicamente maturo deve sapere andare oltre le prese di posizioni ideologiche e partitiche.

Sulle indicazioni della Corte Costituzionale nella scorsa legislatura si trovò la mediazione che portò all’approvazione in prima lettura alla camera di una apposita norma.

A tutt’oggi il Partito Democratico ha depositato una proposta di Legge, a prima firma Bazoli, che, a partire dai paletti indicati dalla Corte, regola il fine vita e garantisce il pieno rispetto dei diritti dei cittadini.

E da quella proposta si dovrebbe ripartire.

Nel vuoto di diritti che è venuto a crearsi bene ha fatto il presidente Bonaccini con la sua giunta a deliberare nel merito.

Perché se è vero che una norma di questa profondità e livello merita una discussione nazionale, altrettanto vero è che Parlamento e Governo allora si devono assumere la responsabilità di farlo.

Quello che non è responsabile, corretto e rispettoso della vita delle persone è trasformare questo dibattito in una ridda politica, in uno scontro istituzionale e in una battaglia furiosa fatta sulla pelle dei malati. Tutto questo poi a pochi mesi da una campagna elettorale regionale.

La storia politica e dei diritti civili del nostro paese ha dimostrato che i cittadini non ci stanno quando gli scontri politici arrivano a toccare le scelte di vita delle persone.