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Regione Lazio: è tornata la destra delle cliniche private

Carenza di medici e infermieri, ambulanze davanti ai pronto soccorso utilizzate come barelle per mancanza di posti letto, centinaia di pazienti positivi al Covid e in attesa di essere visitati. È lo scenario che possiamo trovare ogni giorno nei principali ospedali di Roma. Una situazione drammatica che ho constatato personalmente qualche giorno fa, facendo un sopralluogo insieme alla collega Droghei, nei pronto soccorso dei policlinici della città, dove ho riscontrato un sovraffollamento di pazienti e condizioni di lavoro e di assistenza spesso fuori controllo. La tanto sbandierata ricetta Rocca, quella che risolve i problemi che la sinistra ha colpevolmente lasciato a lui, non esiste, è un bluff. Il Lazio sta progressivamente tornando alla situazione di dodici anni fa, quando la sanità pubblica venne messa all’angolo, strozzata di debiti per poi fare un favore al privato.

Le associazioni dei medici e le organizzazioni sindacali hanno denunciato la carenza di personale sanitario, che sta rallentando l’erogazione di servizi e prestazioni con conseguenti ritardi su analisi e operazioni a discapito della salute e della cura dei cittadini. Di fronte all’insufficienza di molte figure professionali e alla limitazione dei posti letto, l’Amministrazione regionale è intervenuta assegnando oltre 25 milioni di euro alle strutture sanitarie private: una scelta politica con cui hanno tolto risorse già assegnate agli ospedali pubblici per girarle ai soliti operatori accreditati, ma totalmente fallimentare in quanto il privato finisce per “scegliersi” il malato semplice e non quello complesso, oltre a non dare risposte adeguate all’emergenza.

Finora il presidente Rocca ha utilizzato una tecnica neppure tanto sofisticata: alimentare il malcontento, amplificare i problemi che ci sono, come il caos dei pronto soccorso e le liste d’attesa per la diagnostica, per poi arrivare a fornire a tali problemi soluzioni sbagliate, ossia il ricorso alle strutture private. Se rallenti il piano di assunzioni che grazie al centrosinistra e all’uscita dal commissariamento ora si possono fare, se freni il potenziamento delle strutture pubbliche, non fai altro che rivolgerti agli operatori privati.

A questo aggiungiamo una situazione che si è aggravata ancora di più con la fallimentare campagna vaccinale anti-Covid e anti-influenzale. Senza la prevenzione vaccinale e con la persistente carenza di personale sanitario era prevedibile che ci saremmo trovati nuovamente con i pronto soccorso intasati e con molti posti letto occupati da pazienti affetti da Covid. Una condizione che ha inevitabilmente prodotto il rinvio di molte operazioni programmate, creando notevoli disagi ai pazienti, oltre alle crescenti difficoltà in cui si trovano a lavorare medici e infermieri. Il Governo Meloni taglia i fondi alla sanità? Il presidente Rocca tace. Eppure il mancato adeguamento all’inflazione, nel Lazio significa un miliardo di euro in meno rispetto all’anno scorso. Rocca inoltre non ha speso una parola sul personale che serve oggi e servirebbe nei prossimi anni, tenuto conto anche delle tante strutture sanitarie che grazie al PNRR verranno realizzate o ampliate: saranno gestite dal sistema pubblico o da quello privato? Dal presidente nessuna parola sull’autonomia differenziata, che vedrà nella sanità il terreno più facile di frattura del Paese, tra zone dove l’art. 32 della Costituzione si potrà rispettare e zone dove diventerà impossibile.

Il Lazio è la palestra di allenamento perfetta per la destra nazionale: disarticolare la sanità pubblica a vantaggio degli operatori privati. Ecco perché è giusta la battaglia del PD e delle forze di opposizione a difesa della sanità pubblica, un tema dove si gioca una partita fondamentale di giustizia sociale e di unità del Paese.

Certo il centrosinistra avrebbe dovuto fare di più nel passato, ma anche noi abbiamo avuto innamoramenti pericolosi, quando non era “riformista” rivendicare la centralità della sanità pubblica o quando modelli come quello lombardo erano “da studiare”. Poi con il Covid ci siamo tutti ricreduti e abbiamo cambiato atteggiamento.

La nostra iniziativa di cominciare un’operazione verità e di denuncia della sanità regionale dopo quasi un anno di governo Rocca ha trovato anche molti giudizi perplessi: dopo aver governato 10 anni adesso voi che volete? Pensate di aver fatto tutto bene? Avremmo potuto fare meglio? Forse, ma noi ci siamo battuti senza indugi per uscire dalla situazione ereditata e per rimettere “l’ospedale pubblico al centro del villaggio”. È giusto ricordare il contesto in cui abbiamo governato.

La sanità regionale era commissariata: non era possibile prendere alcuna iniziativa – investimenti, assunzioni, riforme – senza essere prima autorizzati da Palazzo Chigi. Dovevamo solo pagare i debiti che avevamo trovato, mentre nel frattempo la sanità pubblica perdeva 10.000 addetti, che andavano in pensione e non potevano essere rimpiazzati con nuovo personale. Questa perdurante carenza di medici e infermieri ha portato ad allungare le liste di attesa per le prestazioni sanitarie, dalla diagnostica alla sala operatoria, a ridurre i livelli di assistenza e ad aumentare gli accessi impropri al pronto soccorso. Forse avremmo potuto essere più elastici, meno “primi della classe” sulla spesa e più attenti ai sacrifici delle persone che hanno pagato il prezzo del commissariamento. Ma abbiamo fatto del nostro meglio rimboccandoci le maniche. Dopo tanto lavoro, adesso avremmo potuto raccogliere i frutti dei sacrifici rilanciando una stagione con migliaia di assunzioni e potenziare la sanità non solo tecnologicamente, ma con il capitale umano. Ma dopo i sacrifici che spesso la sinistra è chiamata a fare, arriva la destra che sfascia tutto. Ma questa è un’altra discussione, ben più ampia.

Quella nuova stagione della sanità, che dopo il drammatico biennio del Covid ha fatto riscoprire a tutti i cittadini la funzione insostituibile del presidio pubblico, non è partita. Anzi si gioca la battaglia sul suo ridimensionamento, nel Paese con le scelte della Meloni e nel Lazio con il suo epigono Rocca.

L’Amministrazione della Regione Lazio ha di fatto commissariato le ASL, accentrando ogni decisione organizzativa al Presidente, rallentando le assunzioni e limitando l’erogazione di fondi alle aziende sanitarie locali, mentre trasferisce milioni di euro alle strutture private e assegna senza gara ingenti risorse alla Croce Rossa per le attività di assistenza nei nosocomi. Ecco il mix che in otto mesi ha stravolto la sanità del Lazio. La nostra battaglia di denuncia è solo all’inizio: riconquistare la fiducia di tanti cittadini, che per colpa nostra, delle nostre divisioni e delle nostre contraddizioni, si sono affidati a questi signori, gli stessi dell’epoca Storace, è il nostro compito. La difesa della sanità pubblica è un terreno dove tutti sono interessati a cogliere le differenze. A noi il compito di farle emergere.

Massimiliano Valeriani Consigliere del PD alla Regione Lazio