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fosse ardeatine

Fascismo-antifascismo. Antitesi senza sintesi

di Bruno Tobia

Accade non di rado al Presidente del Consiglio, alla Meloni, di ironizzare sull’anacronismo del tema “Fascismo-Antifascismo”. Le fanno spesso eco anche altri esponenti di FdI. E si comprende bene. Tutti costoro molto hanno da farsi perdonare, molto devono sforzarsi per far dimenticare origini non proprio encomiabili, che affondano nel passato antico del fascismo mussoliniano o, quanto meno, nel suo commosso ricordo. Del resto l’ironia di cui tutti costoro danno sfoggio parlando della inattualità della contrapposizione fascismo-antifascismo sembra voler esorcizzare il passato dal quale indiscutibilmente provengono. È, in fondo, un segno di cattiva coscienza e indica il desiderio, o l’obbligo, di affermare in qualche modo una cesura temporale, esprimere una lontananza dall’epoca così fortemente segnata dall’antagonismo di quelle due figure politiche del Novecento. Qualora, per altro, in certuni non stia invece a significare proprio l’opposto: “Vi accanite sul tema dell’antifascismo”, sembrano dire ai loro avversari questi inesausti polemisti: “e dunque testimoniate con ciò che il fascismo vi fa ancora paura o, quantomeno, ne riconoscete una sua non spenta forza attrattiva. Noi veniamo di lì, orgogliosamente”.

Per quanto posta sotto un segno dal significato ambiguo, si affaccia comunque in questo atteggiamento satirico la necessità di prendere una netta distanza dall’antitesi fascismo-antifascismo come cosa che non ci debba più riguardare. Acqua passata. Ma è proprio sicuro che sia così? Che non resti da istruire sul tema null’altro se non l’esercizio o leggero o sprezzante dell’ironia? Non lo crediamo.

Certo, il fascismo è morto e sepolto. Nei bagliori fiammeggianti della battaglia di Berlino gli orrendi fantasmi di quella disumana, tragica esperienza sono stati messi in fuga. Tuttavia hanno aleggiato ancora a lungo nell’immaginario politico e in parte ancora lo abitano, come precisamente viene denunciato dai suoi ritrosi epigoni, essendo assurto il vocabolo “fascismo” a sinonimo di una realtà estrema, radicale nella sua alterità alla democrazia. È divenuto l’equivalente di ogni fenomeno politico autoritario, dittatoriale, intriso di violenza, dispregiatore dei diritti dell’uomo. Il termine ha assunto nel tempo un valore archetipico e, quindi, ha perduto una connotazione definita e specifica per assumerne piuttosto una idealtipica. Fascismo il regime dei colonnelli greci, del generale Pinochet, dell’ammiraglio Videla… e così via. Privato del suo contenuto storicamente definito, il fascismo ne ha assunto uno di sapore universale. Perché?

Per il semplice fatto, crediamo, che nella configurazione storica del fascismo si è politicamente venuta per dir così incarnando la forma politica più efferata del dispregio nei confronti dell’uomo in quanto portatore di diritti inalienabili; la forma, cioè, che ha conculcato i diritti della persona in una maniera priva di paragoni, poiché ha mirato consapevolmente e pervicacemente all’annientamento stesso della figura umana, quale si è espresso in modo compiuto nella mostruosa, scientifica pratica della Shoah. Chiunque tenda a sminuire il valore ancora attuale della coppia antitetica fascismo-antifascismo mira precisamente a nascondere, a occultare la natura radicalmente disumana di quell’esperienza totalitaria e perciò a proporre una impossibile “amnistia” storica, quella che sul piano giuridico non a caso in linea di principio è negata nei confronti dei crimini contro l’umanità o di genocidio, i quali, è noto, non cadono mai in prescrizione.

II gioco si fa dunque scoperto. Proclamare la decadenza del valore oppositivo tra fascismo e antifascismo serve unicamente a sostenere un giudizio di equiparazione fra i due, per propiziare una assoluzione storica del primo termine di fronte al secondo; per favorirne anche, e soprattutto, una riabilitazione politica. Mediante un embrassons nous generale si cancellino le differenze valoriali e con esse ogni diversa responsabilità storica. “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto/ Chi ha rato, ha rato, ha rato/ Scurdammoce ’o passato, simmo ’e Napule paisà!”. Lo sguaiato ritornello della canzonetta qualunquista di successo del tempo che fu impetrava un improponibile esercizio di smemoratezza. Occorre invece mantenere ben fermi i termini della relazione. Si tratta di un dovere politico-culturale che ci appare inderogabile, ogni qual volta il calendario ci ricorda, contro ogni “amnistia” della memoria, di quali efferratezze fu capace il fascismo, come nel caso dell’eccidio delle Fosse ardeatine del quale ricorre in questi giorni l’ottantesimo anniversario. Fascismo-Antifascismo. Una alterità dunque senza equivoci, perdurante, necessaria. Una antitesi senza sintesi.