La destra indebolisce l’Unione e ci rende irrilevanti

Nicola Zingaretti

Intervista di Giovanna Vitale a Nicola Zingaretti su la Repubblica di oggi

Onorevole Nicola Zingaretti, l’Europa è destinata a dissolversi sotto la spinta degli imperialismi russi e americani?
“Solo Meloni e Salvini non hanno capito che è questo l’obiettivo comune di Trump e Putin, uniti anche dalla volontà di riscrivere le regole che per oltre 80 anni hanno garantito pace e prosperità al nostro continente. Per una ragione semplice: la Ue fa gli interessi dei cittadini europei, non i loro. Perciò è urgente rilanciare il progetto dell’Unione: proprio quel che le destre nazionaliste non vogliono”.

Ma lei ha capito qual è la posizione dell’Italia?
“Non c’è perché la maggioranza non ha una linea chiara. Meloni è schiacciata su Trump, Salvini su Putin, i ministri Crosetto e Tajani si barcamenano, smentendo ora l’una ora l’altro. Il risultato è che in Parlamento la destra è allo sbando. E in quello europeo è pure peggio: hanno tre posizioni diverse. Il prezzo che stiamo pagando a tanta ambiguità è enorme”.

Intanto Meloni è stata esclusa dal tavolo dei volenterosi su Kiev: è un segnale che i partner non si fidano?
“Non c’è dubbio, viste le contraddizioni nel governo non contano sull’Italia e ci ritengono marginali. Un disastro”.

La premier sembra avallare il disimpegno americano, il vice leghista sogna ponti con la Russia. Come andrà a finire?
“Siamo ostaggio di un immobilismo che ci condanna all’irrilevanza. Meloni poche settimane fa ha dichiarato: “Vogliamo un’Europa che fa meno cose”. Serve esattamente l’opposto: il ritorno alle “piccole patrie”, che è la sua idea, ci rende tutti più deboli. C’è bisogno di un’Europa più integrata e solidale per dare protezione e sicurezza ai cittadini, che viceversa loro non riescono a garantire”.

Le divisioni nel governo sono funzionali al disegno di distruggere l’Europa?
“Mi auguro di no perché andrebbe contro l’interesse nazionale. Certo è che lo scontro nel cuore dell’esecutivo, il suo scoperto anti-europeismo, rischia di assestare un colpo mortale al progetto federale di Spinelli, Rossi e Colorno: noi siamo l’Italia, non il Minnesota o una regione russa, minare la Ue significa lavorare contro gli italiani”.

⁠Cosa si può fare per impedirlo?
“Costruire l’alternativa per ridare all’Italia quello che la destra gli ha tolto: il ruolo di guida dell’Europa, che è fondamentale per garantire libertà, benessere e sviluppo. Con la retromarcia innestata dai nazionalisti si rischia un irreversibile declino”.

Dopodiché anche il centrosinistra è diviso su Europa e Ucraina.
“Per la verità il centrosinistra ha iniziato a presentarsi unito a tutte le elezioni locali e spesso le ha vinte. Non bisogna mollare, sapendo però che l’unità è condizione essenziale, ma non sufficiente per battere la destra. Dobbiamo mostrare che esiste “l’altra scelta”, anche in politica estera”.

Ancora non si vede, però. Conte ha rinviato il tavolo del programma e la segretaria del Pd sembra pensare più a rafforzarsi dentro il partito che alla coalizione. Che si fa?
“In tutti deve crescere la consapevolezza che la critica a Meloni, anche la più giusta e radicale, se non accompagnata a un’indicazione chiara su quale sia l’idea di Paese che proponiamo, paradossalmente indebolisce noi, perché rende più evidente la fragilità di una politica diversa. Le forze progressiste devono iniziare subito a confrontarsi. Cominciando magari da quanto conquistato quando eravamo al governo: la crescita italiana degli ultimi tre anni è stata garantita dal centrosinistra grazie al Pnrr”.

La corsa per la premiership del campo largo alimenta tuttavia tensioni e divisioni, non sarebbe il caso di definirla subito?
“No. Io penso sia meglio partire dall’alleanza. Dargli un’anima, un indirizzo, sporcarsi le mani su un programma condiviso. E poi decidere come selezionare una guida. Fare l’opposto non ci fa fare passi in avanti. Anzi, da quando ha prevalso questo approccio, tutto si è rallentato. Occorre sbrigarsi”.

Per superare il dualismo Conte-Schlein, non è meglio affidarsi a un nome terzo in grado di mettere d’accordo tutti?
“Ma sono stati loro due a riavviare il percorso unitario contro la follia del “meglio pochi ma buoni”. La differenza in positivo si è vista, ora con la stessa determinazione dobbiamo costruire una visione nuova per un’Italia più giusta. Coinvolgendo migliaia di persone in un processo democratico di ascolto e proposta, senza farsi dettare l’agenda dalla destra. Dentro questo clima unitario e popolare, siano Schlein e Conte a sciogliere i nodi sugli assetti”.

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