di Cecilia D’Elia
“Il femminicidio è l’esito estremo di una cultura patriarcale di possesso e controllo, una cultura che disprezza la libertà e l’autodeterminazione delle donne. È un fenomeno strutturale e, in quanto tale, chiede politiche globali. Noi non ci siamo mai sottratti al confronto su questo tema, anche quando il testo che oggi discutiamo è arrivato in Commissione su proposta del governo senza alcun coinvolgimento preventivo delle realtà che lavorano da anni su questo tema”.Così la senatrice Cecilia D’Elia, vicepresidente della Commissione Femminicidio, nel suo intervento in Aula in occasione del voto sul disegno di legge che introduce una nuova fattispecie di reato specifica per il femminicidio, citando nel suo discorso anche versi della cantautrice La Nina in Figlia d’a a Tempesta, che fotografano il disprezzo misogino che porta al femminicidio, ma anche la forza delle donne.
“Questo testo- ha poi proseguito la senatrice- che il Senato si appresta a votare è perciò il risultato di uno sforzo, un lavoro collaborativo e una disponibilità piena del Partito democratico e di tutte le opposizioni, che insieme alle organizzazioni audite, hanno mirato a migliorarlo, a partire dalla definizione del reato, ma arricchendolo anche su altre questioni. come le tutele per gli orfani di femminicidio, passando per la formazione obbligatoria per i magistrati, il potenziamento del braccialetto elettronico e il rafforzamento delle misure cautelari.
Questa dunque è la vera notizia di oggi: non l’ergastolo, già presente nella proposta del governo e già applicabile a legislazione vigente, ma il riconoscimento del femminicidio come reato, dopo il lavoro fatto di mediazione e riscrittura. Perchè, non mi stanco di dirlo – spiega ancora D’Elia – Il diritto penale non può bastare. Se vogliamo prendere sul serio la parola ‘femminicidio’, frutto di un sapere che viene dalle donne, si deve prima di tutto riconoscere che è il concetto che va ben oltre il diritto penale. Dobbiamo riconoscerne la radice culturale, sociale e politica. È il potere diseguale tra uomini e donne che genera e alimenta la violenza.
Per questo servono politiche di prevenzione, educazione all’affettività, formazione, strumenti concreti per cambiare modelli culturali ancora maschilisti e obsoleti. Serve quindi che il governo rispetti l’impegno preso in questa Aula che abbiamo tanto rimarcato e serve a segnare il salto di qualità che avevamo promesso alle ragazze e ai ragazzi che in tutta Italia hanno fatto rumore: accanto a questo disegno di legge si riprenda con urgenza l’esame delle nostre proposte sull’educazione, sul consenso, sulle molestie. Non è benaltrismo, è coerenza. È rispetto per tutte le donne che non ci sono più, per le figlie della tempesta, per un futuro davvero libero dalla violenza.” Ha poi concluso la senatrice.