Cuore, testa e mani: la forza delle Feste dell’unità

di Stefano Vaccari

Sono passati ottanta anni dalla prima Festa dell’Unità. Pochi mesi dopo la Liberazione dal nazifascismo, il 2 settembre 1945 e nei comuni di Mariano Comense e Lentate sul Seveso, in Lombardia, si pensò di organizzare la Festa con l’intento di autofinanziare il quotidiano l’Unità, organo del Partito Comunista Italiano (PCI), che si stava riorganizzando dopo la Liberazione.

Ispirata alla festa de L’Humanité francese, la manifestazione assunse ben presto il profilo di un evento di massa e si diffuse rapidamente su tutto il territorio italiano, diventando al tempo stesso un simbolo della sinistra, una forma di militanza politica ma anche e soprattutto un luogo pubblico di confronto e di partecipazione.

Una sorta di strumento per la rinascita democratica che passo ben presto da evento locale a grandi vere e proprie “cittadelle temporanee” nelle varie località che stavano affrontando una difficile ricostruzione post bellica: erano animate da dibattiti politici, eventi musicali, gastronomia sociale e cultura, e vivevano sulla passione e l’attivismo di migliaia di volontari e simpatizzanti, cuore pulsante di un partito sempre piu radicato e battagliero. Le Feste sono state certamente fonte di autofinanziamento per la “stampa comunista”, accanto all’attività di diffusione domenicale casa per casa, ma al tempo stesso furono il luogo di incontro e di mobilitazione politica e civile, attraverso occasioni di confronto e alfabetizzazione di grandi masse popolari su temi nazionali e locali, anche con la presenza di rappresentanti di altre forze politiche oltre che di dirigenti associativi, imprenditoriali e sindacali.

Un luogo aperto, senza rete si potrebbe dire ma anche il momento dove i leader che hanno segnato la storia dell’evoluzione della sinistra, dal PCI al PD, passando per il Pds e i Ds, hanno lanciato proposte e strategie sulle quali chiamare il corpo sociale del partito all’azione e alla mobilitazione.

Giovedì ha preso il via la Festa provinciale di Modena presso l’area accanto al tempio della pallavolo il Palapanini. È la festa che conclude una lunga cavalcata di decine di feste cominciata nella frazione di Santa Croce di Carpi ad aprile. Il “provinciale” conterà 50 eventi politici con 210 ospiti, 23 sere di spettacoli musicali e di cabaret, 6 ristoranti e punti di ristoro gestiti da volontari, dal 21 agosto fino al 14 settembre. Uno sforzo organizzativo importante anche per l’ennesimo cambio location, che mai si sarebbe potuto organizzare senza l’impegno di centinaia di iscritti e volontari ed il sostegno di importanti realtà economiche ed imprenditoriali della città e della provincia. Una grande Festa che renderà onore all’anniversario degli 80 anni delle feste dell’unità, non più legate al finanziamento del giornale del partito ma simbolicamente legato ad un sostantivo, l’unità appunto, che rappresenta la forza primaria, nel partito stesso ma anche nel rapporto con le altre forze riformiste, civiche e progressiste, per costruire insieme l’alternativa al governo delle destre.

A tal proposito come non ricordare la Festa dell’unità che si svolse a Modena nel 1977 nell’area dell’ex Autodromo ora Parco Enzo Ferrari, e si chiuse con il comizio di Enrico Berlinguer davanti ad una marea di donne e uomini provenienti da tutta Italia. Si parlò di una affluenza di oltre 500mila persone.

E Berlinguer da grande e lungimirante statista prese di petto quella platea così vasta per parlare al cuore del popolo della sinistra, affrontando temi centrali per la politica italiana dell’epoca, come il compromesso storico e il ruolo del PCI nella società. Parlò di economia, di diritti, di donne, dell’idea di società per la quale quella parte di popolo davanti a lui lottava ogni giorno. Con il suo consueto linguaggio, chiaro e semplice senza bisogno di insultare nessuno ma con l’intento, questo si, di fissare gli obiettivi che andavano raggiunti per migliorare le condizioni dei lavoratori e delle fasce più deboli della società. E non rinunciò a parlare a quei giovani impegnati nel movimento del ’77 proprio mentre il PCI lanciava la proposta del compromesso storico. Berlinguer vedeva in alcune frange di quel movimento un elemento di instabilità ma allo stesso tempo riconosceva la necessità di rinnovamento e di ascoltare le istanze dei giovani.

Ricordare oggi l’ottantesimo anniversario dalla prima Festa ci deve consentire di avviare una riflessione sul ruolo della sinistra, sulla democrazia nel frattempo indebolita ed in crisi, sul valore della partecipazione e sul ruolo della politica e dei partiti politici, nel momento storico con il minor consenso e credibilità tra i cittadini. Significa tornare a dare valore politico ad una comunità politica, rinnovandola e adeguandola nelle forme e nei modi di relazionarsi e aggregare. Significa dare valore ed unire cuore, testa e mani dei nostri volontari ed iscritti, per dare sostanza al cambiamento e alla costruzione dell’alternativa ad una destra pericolosa per la democrazia liberale.