di Stefano Vaccari, pubblicato su Huffington Post
Si fa un gran parlare in questi giorni di spiagge semivuote e a corredo di servizi giornalistici appaiono foto di ombrelloni e di sdraio chiuse. Vi sono elementi di esagerazione ma anche un fondamento di verità che sarebbe però riduttivo incardinarlo solo nel settore turistico balneare. Certo l’aumento dei prezzi sulle spiagge del nostro Paese è significativo e in alcune località raggiunge vette mal sopportabili per più giorni da una intera famiglia. Si tratta di diverse decine di euro che sommate a vitto e alloggio rendono complicate se non impossibili le ferie anche solo di una settimana per migliaia di persone. E rifugiarsi nelle spiagge libere diventa una necessità anche se spesso si trovano fuori mano e non sempre i servizi essenziali sono all’altezza delle necessità.
La via maestra sarebbe quella di ripensare la gestione delle aree demaniali sulle coste, all’interno di un progetto di più largo respiro che rimetta certo a gara le concessioni per coste, aree marine e spiagge, ma stabilendo le condizioni di premialità per chi ci ha investito finora in molte aree del Paese, indicando una durata congrua insieme a garanzie per le opere di manutenzione e riqualificazione ambientale dove necessario, dando certezza agli imprenditori e al tempo stesso salvaguardando i diritti dei cittadini-fruitori. E costruendo argini forti nelle gare per allontanare le infiltrazioni mafiose che imperversano nel sistema delle concessioni in alcuni tratti delle nostre spiaggie.
La destra, irresponsabilmente, ha scelto, dopo la promessa di non voler applicare le direttive europee (ed ora paghiamo le pesanti sanzioni del procedimento di infrazione) di perseguire la strada delle proroghe che non offre soluzioni e produce solo caos.
Ma sarebbe ingiusto pensare agli ombrelloni chiusi solo con la lente specifica della crisi settoriale. Il tema è più vasto e riguarda complessivamente la difficoltà nella quale vive il nostro Paese.
I numeri ci aiutano a capire meglio.
Circa il 9,7% della popolazione italiana vive in condizioni di povertà assoluta, che corrisponde a 5.694.000 persone, suddivise in 2.217.000 famiglie. Nel 2024, in Italia,il 23,1% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale, un dato in lieve aumento rispetto al 2023 (22,8%). Questo dato, diffuso dall’Istat, indica che oltre 13 milioni di persone si trovano in almeno una delle seguenti condizioni: a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale, o in una famiglia con bassa intensità di lavoro.
Con la conseguenza che in questa grossa fetta di popolazione sarebbe oltraggioso parlare solo di vacanze se non per quell’ospitalità familiare, residuo (purtroppo) della società rurale. E poi il tema dei temi. Il Rapporto Annuale 2025 dell’Istat evidenzia una riduzione del potere d’acquisto dei salari reali pari al 10,5% tra il 2019 e il 2024, principalmente a causa dell’aumento dei prezzi.
Il documento analizza anche il reddito reale da lavoro per chi è occupato, osservando che nel 2024 questo reddito era più alto rispetto al 2014, l’anno più critico dopo la grande recessione. Tuttavia, rispetto al 2004, il reddito è ancora inferiore del 7,3%, con una riduzione del 5,8% per i lavoratori dipendenti, a causa dell’inflazione che ha ridotto il potere d’acquisto. Questo fenomeno ha colpito negativamente tutte le classi di età.
Seguendo invece i dati Eurostat si scopre che l’Italia con 2.729 euro è al di sotto della media Eu di oltre 400 euro nella classifica dei Paesi che offrono lo stipendio medio più alto. Una situazione che peggiora tenendo conto del potere d’acquisto dei salari.
E l’Italia è uno dei pochi Paesi che non hanno un salario minimo nazionale.
In Italia vi è dunque una forte emergenza salariale che richiederebbe un intervento urgente partendo dalla revisione del sistema fiscale la cui progressività è garantita dalla Costituzione e intervenendo anche su patrimoni e rendite supermilionarie e sugli extra profitti redistribuendo le entrate fiscali a vantaggio di nuova occupazione, lavoratori e pensionati.
Occuparsi dell’ombrellone chiuso significa innanzitutto questo. Un terreno di impegno e di battaglia per le forze democratiche e di sinistra che puntano a costruire l’alternativa ad una destra che pensa solo a favorire i grandi interessi.