Per i giovani più giustizia e una nuova Europa

Nicola Zingaretti

di Nicola Zingaretti

La democrazia ha dato un futuro ai giovani, la destra nazionalista negando i principi di uguaglianza e indebolendo l’Europa lo nega.

Questo è il cuore di una nuova moderna questione giovanile. Con tutti i limiti di attuazione della sfera dei diritti, la Costituzione è stata scritta per ricostruire e includere le generazioni del dopoguerra in un’Europa di pace e questo ha permesso di infondere speranza. I Costituenti l’hanno scritta per questo: crescere, redistribuire e poi aprire una battaglia politica delle idee in un quadro condiviso di valori regole e istituzioni. L’Italia con tutti i limiti che si stanno manifestando è una grande potenza industriale anche grazie alla democrazia e alla scelta europea. Il nazionalismo di destra, che sta tornando, questa prospettiva la nega in primo luogo perché non assume mai nelle sue politiche l’obiettivo Costituzionale dell’uguaglianza.

Negli ultimi anni la sinistra ha assistito, troppo passivamente, alla crisi di un modello di sviluppo che ha generato un aumento insostenibile delle disuguaglianze, che ha colpito principalmente i giovani. Immaginavano un futuro di benessere e di realizzazione, e invece si sono scontrati con un presente di povertà, precarietà e incertezza.

I dati sono impietosi. Secondo l’ultimo rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile in Italia (BES) dell’Istat, appena pubblicato, nel 2024 in Italia ci sono 5,7 milioni di persone in povertà assoluta, il 9,8% dei residenti. L’incidenza di povertà assoluta individuale riguarda 1 milione 280 mila bambini e ragazze, il 13,8% dei minori, il valore più alto della serie storica dal 2014. Cresce sempre di più il numero dei giovani che lasciano il nostro Paese, secondo l’Istat tra il 2019 e il 2023 sono espatriati dall’Italia 192mila italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni, di questi 58mila, oltre il 30% erano laureati. Il problema è che nella maggior parte dei casi si espatria non per scelta, ma perché costretti da scarse prospettive occupazionali e bassa mobilità sociale. In base ai dati Eurostat, l’Italia, dopo la Romania è il Paese dell’Ue con la più alta incidenza di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano o non sono in un percorso di formazione: il 15,2% del totale a fronte di una media UE dell’11% e abbiamo una dispersione scolastica tra le più alte dell’UE. Le nascite sono al minimo storico, nel 2024 sempre secondo l’Istat, sono state 369.944, oltre 200mila in meno rispetto al 2008 (erano state oltre 576mila). Negli ultimi anni anche a causa degli aumenti dei prezzi che hanno ridotto drasticamente il potere d’acquisto delle famiglie, in particolare di quelle più fragili, sono diminuite le iscrizioni all’Università. Il prezzo delle case in 30 anni è cresciuto 14 volte in più rispetto agli stipendi.

Questi fattori, questa condizione ha iniziato a logorare la fiducia nella democrazia stessa e la destra punta su questo. Ma i diritti se non sono attuati si rivendicano, la destra li vuole eliminare. Per questo ora sono proprio i giovani le principali vittime delle idee e ipotesi di sviluppo della destra nazionalista, che non assume l’orizzonte dell’uguaglianza come obiettivo ed è tempo di dirlo con forza. Poi c’è il sovranismo. Meno Europa più Italia è una follia per tutti, ma è soprattutto un omicidio generazionale, senza dimenticare che il nazionalismo quando ha vinto ha portato sempre a un esito: la guerra. I sovranisti non credono nell’unità, dimenticando il ruolo che ha avuto l’integrazione nello sviluppo produttivo del dopoguerra. Non vogliono l’Europa che investe unita, ignorando la sua arretratezza in molti campi come ad esempio il digitale, una rivoluzione che condizionerà in maniera profonda il campo del lavoro, l’istruzione, l’economia e la politica condizionando il nostro futuro e che richiederebbe una grande convergenza e unità per poter essere affrontata.

Puntare all’arretratezza e al declino dell’Europa è dunque un’ipoteca sulla realizzazione di una vita degna, ed è evidente che senza uno slancio profondamente europeista non si recupererà mai il ritardo strategico che l’Europa ha accumulato, principalmente nelle frontiere più avanzate dell’innovazione.

Secondo un rapporto della Commissione europea (EURLex), Stati Uniti e Cina hanno attratto negli ultimi 10-12 anni almeno l’80% del totale degli investimenti globali in intelligenza artificiale, mentre l’Europa si ferma al 7% e l’Italia addirittura allo 0,2%. Analogamente, l’80-90% della capacità di calcolo mondiale è oggi concentrata tra Stati Uniti e Cina. Nel 2024 ci sono stati solo 7 nuovi unicorni europei, contro 140 in USA e 70 in Cina. Gli Stati Uniti, secondo i dati OCSE hanno investito in ricerca e sviluppo, nel 2023 a parità di potere di acquisto, oltre 823 miliardi di dollari (il 3,4% del PIL) la Cina oltre 780 miliardi di dollari (2,6%), l’UE 507 miliardi di dollari (2,1%) e l’Italia 41 miliardi di dollari (1,4% del PIL).

Un ritardo, quello dell’Europa nell’affrontare la nuova rivoluzione digitale, che già Mario Draghi nel “Rapporto sul futuro della competitività europea” aveva ampiamente evidenziato. I governi europei stanno lavorando solo sulla regolamentazione dell’Ai e della rivoluzione digitale, rimuovendo totalmente il dato che queste tecnologie non le possiede e non stanno facendo nulla per recuperare il ritardo. Occorre investire. L’Europa è stata protagonista nella rivoluzione industriale non c’è nella rivoluzione digitale e non è chiaro, dunque, come un pensiero politico possa essere efficace nella capacità di condizionare lo sviluppo e di tutelare l’umano. Se l’Europa è in ritardo e ha grandi difficoltà ad affrontare queste sfide, per l’Italia, da sola, sarebbero insormontabili.

La sinistra deve ripartire da qui: mettere il cuore e la testa nel futuro per condizionarlo mettendo al centro la persona. Cambiare questo stato di cose, trasformare il mondo, non solo testimoniare e raccontare il futuro che vorremmo. È sinistra “se cambia le cose”, e l’indirizzo del cambiamento lo abbiamo scolpito nella nostra storia. La Costituzione è “un programma da attuare”, diceva Calamandrei. Partendo, a mio avviso, dalla seconda parte dell’Art. 3 “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”. Un testo potente, lungimirante, che ci richiama a sfide molto concrete. La Repubblica grazie ad una attività istituzionale permanente, deve rimuove gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Un articolo che invece una sinistra pigra e subalterna ha per troppo tempo rimosso tradendo la sua identità. Il moderno riformismo è questo: non semplicemente fare più leggi e riforme ma farle con un’anima, per attuare i principi Costituzionali anche di fronte alle incredibili novità che lo sviluppo umano ha portato.

Con un grande obiettivo, recuperare gli indifferenti e i disillusi. Coloro che nelle loro solitudini hanno perso la speranza, quelli che non credono più nella forza della partecipazione e attendono o seguono le sirene della rabbia. Per questo è importante tornare a credere alla grande politica delle idee, delle passioni, degli orizzonti e del noi. Devono essere le scelte politiche e ideali a portarci a schierarci e non a schierarci a prescindere dalle idee e per conformismo o interesse.

Un recente sondaggio di SWG ci dice che i giovani sono appassionati di politica, fiduciosi nelle Istituzioni, ma con pochissime aspettative, per questo lontani dalle urne. Li abbiamo visti nei cortei contro l’ingiustizia di Gaza, nell’impegno per il diritto alla casa e al diritto allo studio universitario. Li abbiamo visti nel denunciare forme di disagio psicologico che ha assunto forme nuove e inedite o l’assenza di protezione nel campo delle nuove forme di lavoro digitale e non.

A questa condizione umana va offerta una via di vero riscatto culturale e sociale che non può che essere un progetto di cambiamento radicale da ricostruire offrendo una nuova speranza.

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