di Nicola Zingaretti
Il vertice di ieri a Washington, e prima ancora l’incontro in Alaska, hanno aperto una fase nuova da seguire con attenzione. Ma già oggi alcuni elementi sono chiarissimi. Quanto sta avvenendo in queste ore ripropone l’urgenza di un salto in avanti nell’integrazione politica dell’Unione Europea. Il nazionalismo e l’impianto intergovernativo della destra europea stanno confermando tutti i loro limiti.
L’Unione Europea non ce la fa: il livello di integrazione raggiunto finora è servito ad arrivare fino a questo punto, ma oggi risulta totalmente inadeguato ad affrontare il futuro. Più l’Europa è debole, più lo siamo anche noi. Il problema, dunque, non è l’Unione in sé, ma le politiche di molti governi condizionati dal nazionalismo, che ci rendono marginali.
Dopo il vertice in Alaska si è parlato della presunta “subalternità” di Trump a Putin. Non sono d’accordo: Trump non è subalterno, è complice.
Complice nel perseguire l’obiettivo di rimettere in discussione gli assetti, le istituzioni sovranazionali e i valori che si sono affermati dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Hanno in comune, dunque, un’insofferenza nei confronti dell’Europa e la volontà di affermare un sistema, un ordine fondato sulla legge del più forte, o meglio dei più forti. E noi europei siamo arrivati a questo appuntamento con la storia troppo divisi e quindi deboli. Avremmo avuto un immenso bisogno di una politica estera comune e di una difesa comune europea.
Alcide De Gasperi, di cui oggi ricorre l’anniversario della morte, sostenuto da Adenauer, propose la Comunità Europea di Difesa. Il progetto naufragò, ma oggi torna attualissimo per garantire una nostra autonomia strategica che solo in quel solco di collaborazione atlantica può essere attuata. Cooperazione dei comandi, acquisti e pianificazione comuni, razionalizzazione della spesa, interoperabilità. L’opposto delle timidezze e della confusione di “Rearm Europe”: l’autorizzazione o il credito agli Stati che vogliono riarmare i propri eserciti. La deterrenza o è europea, o non è deterrenza. Ho seri dubbi che l’Europa a 27, insieme, possa fare il salto che ci serve. L’unica cosa da augurarsi è che l’iniziativa di questi giorni spinga verso cooperazioni rafforzate in campi diversi, integrando destini e futuro: nell’economia, nell’industria, nel sociale e anche nella difesa comune. Come è sempre stato, serve un gruppo che inizi e indichi una via possibile. Questo sarebbe il grande compito dell’Italia, oggi. Ma questo governo è all’altezza? E soprattutto: è unito su questi obiettivi? No, sappiamo che non lo è. Piuttosto, come abbiamo sempre detto, si è confermata l’ennesima illusione: il ruolo narrato da Meloni di essere ponte tra Usa e Italia. Tocca dunque a noi indicare una strada, costruire un’alleanza per l’alternativa che sappia fissare, anche per il bene comune, l’obiettivo strategico di un salto in avanti dell’Unione Europea.