Regione Lazio. Legge urbanistica: sui cinema chiusi la più grande sconfitta politica di Rocca

di Massimiliano Valeriani

Con l’approvazione della legge regionale 171/2025 sulla semplificazione urbanistica si è registrata la più grande sconfitta politica del Presidente Rocca e della sua maggioranza dall’inizio di questa triste legislatura. In questo provvedimento, infatti, era stata inserita anche la norma per consentire il cambio di destinazione d’uso per le sale cinematografiche chiuse: una proposta duramente contestata dalle opposizioni e dai cittadini perché avrebbe portato alla nascita di nuovi centri commerciali, spesso in quartieri centrali della città, senza che vi siano realizzati anche tutti i necessari servizi, dalla viabilità ai parcheggi. Ma soprattutto avrebbe negato per sempre qualsiasi progetto di riqualificazione culturale e sociale di quegli spazi. Un’idea, quella della destra, figlia di un approccio solo speculativo del patrimonio urbanistico delle nostre città. Noi, a proposito delle molte sale chiuse a Roma e non solo, pur riconoscendo la crisi del settore, abbiamo sempre sostenuto che quegli spazi possano essere rilanciati come luoghi di attività culturali — anche diverse dal cinema — e magari affiancati da attività commerciali compatibili. L’idea del banale cambio di destinazione d’uso che consente la trasformazione di quegli spazi in grandi luoghi commerciali e basta, produce desertificazione e un impatto urbanistico devastante, perché preclude la possibilità che quegli spazi possano tornare a essere luoghi di socialità e cultura, per trasformarli in nuovi spazi di consumo totalmente avulsi dal contesto urbano.

Su questo tema avevano costruito l’intero impianto della legge. Tutto il resto è un grande minestrone confuso e pericoloso. Le opposizioni unite hanno lottato mesi per impedire alla destra di approvare una legge che rischia di mettere in discussione il sistema delle tutele del nostro territorio. Alla fine siamo riusciti a scongiurare alcune delle parti più dannose, come i cambi di destinazione d’uso nelle aree agricole, la trasformazione di stalle e magazzini in asili nido, spazi commerciali e location per eventi. Ma altre sono rimaste e produrranno effetti molto negativi.

In particolare, le norme sulla cosiddetta rigenerazione urbana, che porteranno solo ad una degenerazione urbana. Si tratta di un impianto completamente distante, anche culturalmente, dal vero significato del termine. Con questa legge, infatti, si consente un aumento delle volumetrie fino al 60% per tutti gli interventi. Questo significa inevitabilmente nuovo consumo di suolo. Ma soprattutto, si permette la demolizione e ricostruzione con trasferimento delle cubature: non più nel luogo dell’intervento originario, ma in un’altra zona della città, negando completamente l’idea stessa di rigenerazione, che dovrebbe servire a riqualificare un’area degradata lì dove si trova. Con queste nuove norme, invece, si parla di espansione edilizia, di speculazione e di consumo del suolo. Altro che rigenerazione.

Infine, hanno calato un emendamento che in un solo articolo racchiude un’intera legge, vale a dire quella che prevede la trasformazione di cantine e seminterrati in abitazioni, tramite un semplice cambio di destinazione d’uso. E senza che i proprietari debbano rispettare gli standard urbanistici, come parcheggi, fogne, aree verdi, e senza che siano garantite le principali condizioni di sicurezza e di salute. Questa norma non c’entra nulla con il grande tema dell’emergenza abitativa, perché parliamo di locali spesso insalubri che diventeranno oggetto di speculazione.

Hanno approvato una legge incoerente, che va a intaccare almeno 15 altre leggi regionali vigenti. Abbassa i livelli qualitativi e il sistema delle tutele, aprendo la strada a possibili contenziosi, come ha già anticipato l’ufficio legislativo del Consiglio regionale.

La destra al governo del Lazio è poca cosa, solo micro interessi da accontentare e soldi pubblici da spendere a pioggia. Nulla di nuovo.